Nel mese marzo in Italia si sono svolte le elezioni politiche che hanno sancito un verdetto inequivocabile: non esiste una maggioranza precostituita che possa inviare il suo rappresentante dal Presidente della Repubblica per ricevere l’incarico a formare un nuovo Governo per il Paese. Questo voleva dire che schieramenti che in campagna elettorale si erano opposti con veemenza enfatizzando con estremo vigore tutti i punti di divergenza, dovevano adesso cercare un accordo, smussare gli angoli, per stilare un programma condiviso attenuando le diversità e far sì che il Paese potesse avere comunque il nuovo Governo.
Sembrava che questa impresa fosse riuscita a Movimento 5 Stelle e Lega, due formazioni che partivano da posizioni molto lontane ma che, magari su istanze che gli antagonisti definiscono “populiste”, sono riuscite a trovare un certo accordo.
In effetti settimane di lavoro hanno portato a trovare dapprima un Primo Ministro su cui poter fare affidamento e quindi una “squadra” di ministri da presentare al Presidente della Repubblica.
E’ a questo punto che è successo l’irreparabile: Savona no! ha tuonato il Presidente della Repubblica e, per colpa di un nome non gradito alla più alta carica dello stato, per via di equilibri internazionali da difendere, tutto è andato a monte.