NON TUTTI GLI OTTIMISTI SONO IMBECILLI


Sono più di due mesi, ormai, che la nostra quotidianità è scandita dal confronto con una realtà che continua a destare apprensione ed inquietudine. L'epidemia di Covid 19 non è ancora debellata e, accanto alla speranza alimentata da un imminente passaggio dal lock-down alla tanto agognata fase 2, vive lo sconforto di fronte ad una futura recrudescenza del contagio o addirittura alla ripresa dell'epidemia nel prossimo autunno paventate da alcuni.
Le Cassandre dell'informazione ci dicono che non ci libereremo del problema se non tra qualche anno e che gli entusiasmi vanno smorzati. 
L'ottimismo viene bollato, spesso, come espressione di incoscienza.
Come già nel post precedente La Paura del Virus, cercherò di definire meglio il problema analizzando i numeri forniti dai canali ufficiali.
Nel post citato ho espresso l'idea che avremmo avuto piena coscienza della portata del problema soltanto nel tempo. 
Avevo accennato, per esempio, all'idea di confrontare l'incremento della mortalità prodotto dall'epidemia con i dati a nostra disposizione per gli anni precedenti. 
Dal sito dell'ISTAT rileviamo una costante differenza tra il numero di decessi osservato a gennaio (il mese del "picco influenzale") e a giugno, che in genere è superiore alle 20000 unità. 
I dati che ci fornisce il Dipartimento della Protezione Civile indicano che alla data del 1 maggio sono decedute complessivamente in Italia, per/con Covid 19,  poco più di 28200 persone. 
Questo ci spingerebbe a concludere per un impatto di scarso significato dell'epidemia, considerato che il tutto si è verificato in un arco di tempo poco superiore ai due mesi. 

LA PAURA DEL VIRUS



Un virus  che non si era mai manifestato prima  sta terrorizzando il pianeta. La sua diffusione è stata rapida e molto estesa, una pandemiaAltrettanto rapida ed estesa è stata la diffusione del terrore che origina dai tanti dubbi.

Il primo, e più pressante, riguarda i danni che l'epidemia potrebbe creare e quale fetta della popolazione mondiale  potrebbe essere contagiata o addirittura uccisa. I primi a subirne le conseguenze sono stati , al solito, i più deboli, gli anziani,  o soggetti con patologie gravi già in atto. Ma si fa sempre più insistente la voce di casi complicati e, a volte, mortali, in soggetti giovani e, peraltro, in buona salute. E sempre più spesso è contagiato e si ammala, anche gravemente, il personale (medici, infermieri e tutti gli operatori sanitari) che lavora presso le strutture di ricovero. 
Quotidianamente viene fornita una panoramica aggiornata dell'andamento della situazione a livello mondiale da molti siti istituzionali, primo tra tutti, quello dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Per quanto riguarda la nostra nazione, il sito della Protezione Civile offre una panoramica dettagliata aggiornata quotidianamente. 

L'urlo degli Infermieri, operatori sanitari tutti, al tempo del COVID19


In questo periodo così delicato, l’emozione che prevale è sicuramente la paura.

La paura verso una cosa sconosciuta, ma anche conosciuta come la malattia, la morte. Gli Infermieri, così come tutto il personale sanitario in prima linea, non sono esenti da tale emozione, non hanno anticorpi contro la paura e sanno ancor più degli altri che non hanno anticorpi contro un virus nuovo. Vengono bombardati da notizie, decreti, corsi, aggiornamenti, comunicazioni aziendali e del Ministero della Salute. Tutte notizie e provvedimenti che, se da una parte importanti per conoscere sempre meglio lo “sconosciuto”, dall’altra incrementano la paura, il senso di impotenza. 

 Gli Infermieri conoscono perfettamente ciò che si deve e non si deve fare, sanno perfettamente come proteggersi dall’ignoto. Ma ogni giorno, ogni minuto davanti ad un paziente si sentono abbandonati da chi li dovrebbe proteggere. Perché ogni minuto, ogni secondo davanti ad un paziente tutto ciò che viene insegnato non può essere messo in pratica.

 Per settimane hanno sentito sempre la stessa frase “i DPI non ci sono”. Frase che risuona come un pugno allo stomaco, come dire ad un soldato in guerra “non abbiamo munizioni” mentre il nemico sta bombardando o ancor peggio, come esporre un soldato con la sola mimetica davanti ad una schiera di soldati armati e dirgli  “mi dispiace, non abbiamo nulla per proteggerti". Professionisti considerati idioti ,quando nelle disposizioni viene riportata l'utilità di una mascherina chirurgica anche se non puoi mantenere le distanza di sicurezza, quelle distanze che per settimane hanno sottolineato di rispettare.  Da qui la rabbia, emozione che viene scatenata dall’offesa all’intelligenza e alla professionalità di ciascun Infermiere, dalla sacrosanta paura fino a giungere al conflitto tra, scappo o mi faccio uccidere. L’infermiere non scappa quasi mai, non perché ha scelto questo mestiere per farsi uccidere, ma perché per loro sarebbe peggio abbandonare un paziente ed un collega. Non abbandonano nessuno, neppure il peggior essere sulla terra eppure fino ad oggi, nessuno se ne è mai accorto.