- La violenza contro i professionisti sanitari: testimonianza e necessità di supportoSono un’infermiera e una sindacalista CISL, e da anni mi batto per la tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici nel nostro settore. La violenza, fisica o verbale, contro chi lavora in sanità è una realtà che conosco fin troppo bene, non solo perché l’ho vissuta in prima persona, ma perché ogni giorno ascolto storie di colleghe e colleghi che subiscono aggressioni sul posto di lavoro. Sono storie che, purtroppo, raramente arrivano alla ribalta e che, tuttavia, hanno un impatto devastante sul benessere dei singoli e sull’intero sistema sanitario.La violenza non è solo una minaccia astrattaParlare di aggressioni per chi è sul campo non significa discutere di un rischio lontano o improbabile. Significa avere a che fare con ansia, paura e rabbia, un misto di emozioni che consumano piano piano, logorano, e finiscono per farsi sentire sulla nostra pelle e nella nostra testa. Ho visto infermieri tornare a casa con lividi, in preda al panico, ho ascoltato i loro racconti, umiliati verbalmente e spaventati dal confronto con pazienti esasperati o familiari aggressivi. La violenza, in questi casi, lascia segni indelebili, visibili e invisibili. Ed è una situazione che ci porta al limite, spingendo molti di noi verso lo stress, il burnout, fino alla depressione. Come infermiera e sindacalista, vedo ogni giorno quanto sia difficile per noi denunciare le aggressioni che subiamo, siano esse fisiche o verbali. Troppi colleghi accettano la violenza come se fosse una parte normale della nostra professione, quasi inevitabile. Non possiamo permettere che il 67% degli infermieri consideri questi episodi come “normali”. La nostra sicurezza non dovrebbe mai essere data per scontata, e la violenza non è e non deve essere parte del nostro lavoro.So bene che molti non si fidano delle organizzazioni e temono che le denunce cadano nel vuoto. Alcuni credono di poter gestire tutto da soli, mentre altri segnalano solo gli attacchi più gravi. Ma dobbiamo superare questi blocchi: denunciare è un diritto e un dovere, per noi stessi e per i colleghi. È solo facendo emergere la realtà che possiamo ottenere il cambiamento che meritiamo.
Conseguenze sulla nostra vita e sulla qualità delle cure
Tutto questo ha conseguenze pesanti, non solo su di noi o sulla sfera familiare e sociale ma anche sul servizio che offriamo. Quando un lavoratore arriva in ospedale, pronto soccorso o in reparto già esausto e psicologicamente provato, anche la qualità delle cure che può offrire inevitabilmente ne risente. La paura costante, il pensiero di poter essere aggrediti da un momento all’altro, toglie concentrazione e serenità. Si crea un clima pesante, fatto di tensioni e insicurezze, che rende difficile costruire un ambiente di lavoro armonioso e, in ultima analisi, ci porta a considerare alternative, come cambiare reparto, struttura o addirittura lasciare il mestiere.
La necessità di uno sportello di ascolto e formazione come strumento di difesa e prevenzione
Ho capito con il tempo che, oltre alla sicurezza fisica, ciò di cui noi operatori abbiamo bisogno è un luogo sicuro dove poter parlare e sentirci ascoltati. Uno sportello di ascolto, per esempio, potrebbe fare una differenza enorme. Non è solo una questione di assistenza psicologica, anche se il supporto di esperti sarebbe un aiuto fondamentale. È una questione di dignità, di riconoscere che chi subisce violenza ha il diritto di essere sostenuto, di non restare solo con il proprio trauma. Sapere di poter contare su uno spazio di confronto, su qualcuno che ti ascolta senza giudicare, che aiuti a gestire i propri diritti di fronte a casi del genere, può essere un primo passo per superare la paura e per ritrovare il coraggio di continuare.
Così come credo sia fondamentale investire sulla formazione perché
molte aggressioni nascono da incomprensioni, da momenti di tensione mal gestiti. Ho visto colleghi che, con le giuste competenze, sono riusciti a calmare situazioni difficili, evitando che degenerassero. Formarsi su come comunicare con pazienti e familiari, imparare tecniche di gestione del conflitto e di de-escalation, può fare la differenza tra una giornata di lavoro normale e un incubo.
Conclusioni
La violenza contro noi operatori sanitari è un problema reale, che merita attenzione e azioni concrete
Non possiamo continuare a fare finta di niente, perché il prezzo di questa indifferenza è la nostra salute, il nostro benessere e, la qualità dell’assistenza che possiamo offrire.
Clara Bonomo
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