L'immagine sotto il titolo ritrae un Centauro. L'ho inserita perchè mi piaceva ma non ha nulla a che vedere con il fiore di Bach Centaury (Centaurea o Centaurium Umbellatum)
La mia formazione medica classica fa sì che io mi accosti al territorio delle medicine naturali con estrema prudenza e circospezione.
La riserva che il mondo accademico ufficiale muove a chi utilizza approcci terapeutici non convenzionali è riferita ad una presunta carenza di criteri scientifici incontrovertibili.
Per verificare l’opposto non dobbiamo trasferire la nostra pratica sul territorio della medicina ufficiale ma dobbiamo valutarla secondo criteri universali.
Un criterio inoppugnabile per stabilire il carattere scientifico di una qualsiasi disciplina è la riproducibilità dei suoi risultati o, in altri termini, la prevedibilità di particolari reazioni al trattamento o al mancato trattamento.
In base a questo criterio la medicina ufficiale non è priva di lacune, quelle lacune che sono denunciate dai pazienti stessi che spesso ci fanno domande del tipo: ma perché se prendo la medicina che ha dato a mia moglie per la pressione io non ho alcun giovamento? Oppure: perché mio marito tollera una medicina che io non ho mai sopportato? Senza accennare affatto a quella che può essere l'obiezione numero uno: perché se questa medicina è la cura alla mia malattia io la debbo prendere a vita?
Prendo spunto da questa premessa per raccontare di un caso clinico di Centaury.
Il fiore di Bach Centaury (Centaurea o Centaurium Umbellatum) è questo
Si tratta di un caso clinico al contrario ovvero non di un soggetto che aveva un problema che indicava Centaury e che assumendo l’essenza è guarito, ma di un soggetto che, pur richiedendo Centaury, non ha voluto assumerlo ed ha sviluppato un quadro che in Floriterapia riconduce all’utilizzo transpersonale di Centaury.
E’ una donna che io ho conosciuto diversi anni fa in quanto accompagnava la madre, un soggetto vagamente Chicory, ai regolari controlli cardiologici.
Dopo la morte della madre (non dubitate delle mie capacità in Cardiologia, la madre è morta per una neoplasia), ha cominciato a farsi seguire per la sua “ipertensione”. Questa donna aveva cominciato ad avvertire di incrementi pressori, che potremmo definire assai modesti, sviluppando una sintomatologia a dir poco esagerata. Non aveva fattori di rischio associati, aveva un quadro elettrocardiografico normale e tutte le volte che le controllavo la pressione rilevavo valori normali. Ma tutto questo non contava perché lei spesso avvertiva una sensazione di malessere generale insopportabile che le impediva di svolgere qualunque attività tutte le volte che la sua pressione raggiungeva o superava i 130 mmHg (un valore ancora considerato normale!).
Non essendo mai stato un medico che si ferma ad analizzare solo i dati obbiettivi e strumentali ma che cerca di andare a fondo alla sofferenza dei pazienti, ho cercato di indagare al di là degli aspetti prettamente “cardiologici”, non liquidandola come “nevrotica”.
Già quando veniva ad accompagnare la madre la donna aveva, nel contesto della mia visita, un ruolo del tutto passivo, assente, non si sentiva autorizzata ad alcun commento riguardo alla problematiche cliniche della madre. Nei nostri colloqui, poi, mi raccontava dello stress prodotto dalla sua attività lavorativa. Era un’insegnante molto “attenta” e premurosa, così disponibile nel suo lavoro, che il dirigente scolastico le aveva affidato numerose mansioni oltre a quelle istituzionali, per tale motivo si era fatta carico di una mole di lavoro probabilmente eccessiva. Come se non bastasse il lavoro a scuola, anche a casa tutto poggiava sulle sue spalle. Soprattutto in un periodo in cui il marito si era rotto una gamba con conseguente limitazione alle attività motorie, lei si è accollata completamente, anche in senso fisico, tutto il “peso” della situazione. Aveva anche due figli, e una dei due, una figlia, l’aveva letteralmente precettata per sostenerla nel suo matrimonio, nella sua gravidanza e, ovviamente, nella cura del figlio. Come se non bastasse la figlia abitava in una casa al secondo piano senza ascensore e la donna spesso, oltre al sostegno quotidiano nella cura del figlio, arrivava a portarle la spesa a casa.
Di fronte a tali racconti non potei esimermi dal parlare alla signora dei Fiori di Bach che ci possono sostenere nei momenti di stress a prescindere dall’eventuale patologia che lo stress stesso possa generare.
Nel corso di una delle numerose visite cardiologiche la donna, avendo realizzato l’assoluta assenza di condizioni che richiedessero un trattamento farmacologico e non volendo assumere “psicofarmaci”, mi chiese di suggerirle un trattamento con i Fiori.
In considerazione dei dati emersi da tutti i nostri colloqui le prescrissi un Cocktail in cui inclusi, tra l’altro, Centaury (ovviamente), Elm (per il carico di lavoro a cui si sottoponeva quotidianamente), Pine (per un eccessivo senso del dovere), Sweet Chestnut (per l’angoscia con cui viveva certe situazioni come i banali incrementi pressori).
Assunse il Cocktail per un periodo molto limitato perchè non le piaceva la trasformazione che stava avvertendo, in particolare questa trasformazione non era risultata gradita alla figlia che le aveva in qualche modo imposto di sospendere il trattamento.
Quando facciamo questa professione dobbiamo evitare di giudicare e non farci trasportare dal nostro ego. Dobbiamo trasferire il concetto di libertà di cura anche alle esigenze del paziente e concedergli la libertà di curarsi ma anche quella di non curarsi come egli crede.
La donna ha pertanto continuato a farsi seguire da me come cardiologo ma sempre manifestando il suo carattere tipicamente Centaury che, come tutti i Centaury veri, si voleva tenere ben stretto.
Parlavo nella premessa di come un evento ipoteticamente legato all’ambito terapeutico di un’essenza possa essere considerato una prova scientifica di quanto postuliamo sia se riusciamo a trattarlo con quella essenza, ma anche se si verifica in una situazione in cui l’essenza non è stata assunta.
A proposito ci possiamo riferire agli aspetti transpersonali, già indicati da Edward Bach ma in tempi più recenti approfonditi in maniera brillante da Ricardo Orozco, come quelle situazioni patologiche che possono essere trattate con un’essenza al di là del fatto che nel soggetto che andiamo a trattare siano presenti anche gli aspetti psicologici e caratteriali tipici dell’essenza stessa.
Orozco indica un utilizzo transpersonale di Centaury soprattutto nelle forme di dipendenza di qualsiasi natura ma anche in tutte le forme in cui sia intervenuto un indebolimento dell’organismo che ne abbia prodotto un calo della risposta immunitaria. In realtà lui fa riferimento a Centaury soprattutto nelle infezioni micotiche, personalmente invece, in base alla mia esperienza clinica, ho potuto constatare come anche le patologie virali possano rientrare in questo ambito. L’Herpes Zoster, poi, ne è l’esempio più eclatante, quello di un’infezione virale pregressa che viene trattenuta e limitata dall’organismo per anni fino a che, in un momento di debolezza improvvisa, questa riesce ad accendersi nuovamente.
Ai miei occhi di clinico riflessivo e cacadubbi questa manifestazione clinica svelatami dalla signora mi ha fatto muovere due considerazioni. La prima è che in un soggetto così profondamente Centaury la comparsa di questa patologia era, per certi aspetti, ampiamente prevedibile, a conferma della attendibilità scientifica di tutto il sistema. La seconda è che probabilmente, se la signora avesse proseguito il trattamento con i Fiori di Bach, forse questa patologia non si sarebbe manifestata.
Una risposta a questa seconda affermazione non l’abbiamo ma in cuor mio io so che gli strumenti di prevenzione a nostra disposizione sono molti di più di quanti non siamo abituati ad utilizzarne.
Ancora Centaury!
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