L'urlo degli Infermieri, operatori sanitari tutti, al tempo del COVID19


In questo periodo così delicato, l’emozione che prevale è sicuramente la paura.

La paura verso una cosa sconosciuta, ma anche conosciuta come la malattia, la morte. Gli Infermieri, così come tutto il personale sanitario in prima linea, non sono esenti da tale emozione, non hanno anticorpi contro la paura e sanno ancor più degli altri che non hanno anticorpi contro un virus nuovo. Vengono bombardati da notizie, decreti, corsi, aggiornamenti, comunicazioni aziendali e del Ministero della Salute. Tutte notizie e provvedimenti che, se da una parte importanti per conoscere sempre meglio lo “sconosciuto”, dall’altra incrementano la paura, il senso di impotenza. 

 Gli Infermieri conoscono perfettamente ciò che si deve e non si deve fare, sanno perfettamente come proteggersi dall’ignoto. Ma ogni giorno, ogni minuto davanti ad un paziente si sentono abbandonati da chi li dovrebbe proteggere. Perché ogni minuto, ogni secondo davanti ad un paziente tutto ciò che viene insegnato non può essere messo in pratica.

 Per settimane hanno sentito sempre la stessa frase “i DPI non ci sono”. Frase che risuona come un pugno allo stomaco, come dire ad un soldato in guerra “non abbiamo munizioni” mentre il nemico sta bombardando o ancor peggio, come esporre un soldato con la sola mimetica davanti ad una schiera di soldati armati e dirgli  “mi dispiace, non abbiamo nulla per proteggerti". Professionisti considerati idioti ,quando nelle disposizioni viene riportata l'utilità di una mascherina chirurgica anche se non puoi mantenere le distanza di sicurezza, quelle distanze che per settimane hanno sottolineato di rispettare.  Da qui la rabbia, emozione che viene scatenata dall’offesa all’intelligenza e alla professionalità di ciascun Infermiere, dalla sacrosanta paura fino a giungere al conflitto tra, scappo o mi faccio uccidere. L’infermiere non scappa quasi mai, non perché ha scelto questo mestiere per farsi uccidere, ma perché per loro sarebbe peggio abbandonare un paziente ed un collega. Non abbandonano nessuno, neppure il peggior essere sulla terra eppure fino ad oggi, nessuno se ne è mai accorto.


Quanti hanno pensato “è il loro mestiere!”,certo!  aiutare, assistere, rischiare di ammalarsi ma non è il loro mestiere farsi ammazzare.

 Quanti hanno detto “chi glielo ha fatto fare a fare questo mestiere”, a questa affermazione non è facile rispondere, perché difficile trascrivere un emozione o un sentimento. Come potremmo scrivere un sentimento come l’amore. Certo non sono i 1500 euro al mese che li spinge a svolgere una tale e complessa professione, è qualcosa di molto molto più grande, è qualcosa che se non hai, questo mestiere non lo puoi fare. Dovremmo coniare una parola che racchiuda altruismo, compassione, etica, professionalità, empatia, chissà se basta la parola Amore. In questo periodo li ringraziamo, li chiamiamo eroi, applaudiamo ma li stiamo lasciando in trincea senza munizioni, li stiamo lasciando nella loro paura senza alcun sostegno psicologico oltre che fisico. Perché l'occidente dimentica, o meglio ignora l’importanza della psiche.  L’adrenalina, il senso del dovere per ora li sta aiutando ma….Quali saranno le conseguenze di un organismo provato da uno stato di allarme così prolungato?  Le ricerche, la scienza indicano sempre meglio che lo stato di allerta prolungato ha gravi conseguenze sulla salute e  che la risposta ad uno stress prolungato compromette la sopravvivenza del corpo perché va a interferire con la produzione delle riserve di energia vitale.

Eppure… non interessa anzi.. perché non demolire il briciolo di dignità rimasta? Regaliamo 100 euro nel mese di marzo e aprile ai nostri eroi! e qui lascio all’essere umano dotato di un pizzico di intelligenza comprendere la riprovevole azione politica, indegna a chiamare alcun professionista “eroe”.

Infermiera Clara Bonomo

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