In questo nostro blog ogni tanto si infiltra un diavoletto che andando a mettere il naso nelle pubblicazioni scientifiche internazionali ci invia dei commenti, maligni come lui, redatti a modo suo. Ecco quello che ci ha inviato oggi:
Tutte quelle medicine che sono espressione di civiltà antiche sono fondate sul ruolo imprescindibile dell’energia vitale.
La medicina moderna è completamente incentrata sul rigore scientifico ma non tiene in alcuna considerazione l’energia vitale. Per la medicina moderna il malato si caratterizza per la malattia che l’ha colpito, detto in altri termini non può esistere il malato se non esiste la malattia e, per assurdo, il malato non interessa, interessano solamente le sue malattie, ahi ahi!
Un recente lavoro di un gruppo di ricerca coordinato dalla dott.ssa Heidi T. May, pubblicato sull’ European Heart Journal Quality of Care and Clinical Outcome del 2017 indica una prognosi peggiore nei pazienti che dopo una sindrome coronarica acuta (malattia numero 1) sviluppano una depressione (malattia numero 2). Volendo dare un punteggio al ruolo della depressione come elemento prognostico sfavorevole nei pazienti con cardiopatia ischemica, la possiamo considerare peggiore del diabete, dell’abitudine al fumo, dell’ipertensione. Questo stando allo studio proposto dagli studiosi americani che ha coinvolto la bellezza di 24137 pazienti. E' interessante a questo punto leggere i vari commenti e le possibili spiegazioni: c’è chi parla di un potenziamento dell’aggregazione piastrinica nei soggetti con sindrome ansioso-depressiva, qualcuno ipotizza un’origine infiammatoria sia nella cardiopatia ischemica che nella depressione (i dati vengono fuori ricercando l’articolo su Medscape).
Se tutto fosse vero una terapia con farmaci antidepressivi associata alla terapia cardiologica “da linee guida” dovrebbe migliorare la sopravvivenza in questa popolazione di pazienti … ma non sarà così!
Non sarà che in accordo a quanto si potrebbe dedurre seguendo una medicina più legata alle civiltà antiche l’insorgenza di una forma depressiva in un paziente con cardiopatia ischemica possa essere espressione di un deficit più profondo di energia vitale e quindi per questo legato ad una prognosi peggiore?
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